Storia di Giona

Disegni di Margherita e Chiara
a otto e sette anni

La richiesta del Signore a cui Giona cerca di sfuggire
Un giorno Dio disse a Giona: “Recati nella città di Ninive e avverti gli abitanti che io li punirò per la loro cattiva condotta.” Ma Giona non ci voleva andare e diceva tra sé: “Ho paura di entrare in quella città piena di nemici”. Decise allora di fuggire.
Si mise in cammino e scese al porto di Giaffa. Quando vide una nave diretta a Tarsis - cioè nella direzione opposta a quella di Ninive - pagò il prezzo del viaggio e si imbarcò.
Scese sottocoperta, pensando così di nascondersi meglio agli occhi di Dio e ben presto si addormentò.

La tempesta
Poco dopo scoppiò in mare una tremenda tempesta e la nave stava per affondare. Tutti pensavano che sarebbero annegati. Il vento lacerava le vele, la nave era ingovernabile in balia delle onde. I marinai, per tenerla a galla, decisero di gettare in mare il carico. Poi ciascuno si mise a invocare la protezione dei propri dei.
Giona era sempre a dormire, quando il capitano lo svegliò e si mise a gridare: “Cosa fai qui? Alzati e prega anche tu il tuo dio, come fanno tutti. Forse il tuo dio si prenderà cura di noi e ci salverà.”
Intanto marinai si convinsero che la tempesta era causata da un dio adirato con uno degli uomini della nave. Allora tirarono a sorte per vedere chi fosse il colpevole e la sorte cadde su Giona.
“Chi sei tu? - gli chiesero - Da dove vieni? Di che colpa ti sei macchiato per attirare questo castigo su di noi?”
“Sono ebreo - rispose Giona - e adoro il Dio creatore del cielo e della terra. Ora però sto fuggendo da Lui, perché non ho obbedito a una sua richiesta. Perché avevo paura.”

Giona buttato in mare
La tempesta continuava ad aumentare e i marinai erano sempre più spaventati. “Cosa possiamo fare perché il mare si calmi?” - gli chiesero. “Prendetemi e gettatemi in mare - rispose Giona - e la tempesta si placherà. Sono certo io la causa di questa tempesta.”
Dapprima i marinai non vollero farlo, e si misero a remare con forza per raggiungere la costa. Ma alla fine i loro sforzi apparvero inutili.
Allora pregarono il Dio di Giona e gli chiesero di non punirli per la sua morte. Poi lo presero e lo gettarono in mare. Immediatamente la tempesta si placò e la nave potè proseguire il suo viaggio.


Conversione di Giona nella pancia del pesce
Giona intanto si dibatteva nell’acqua e si chiedeva quanto avrebbe potuto resistere prima di annegare. Ma d’improvviso un grosso pesce gli si avvicinò e lo inghiotti in un solo boccone.
Giona rimase dentro la pancia del pesce per tre giorni e tre notti, ed ebbe tutto il tempo di ripensare a quello che gli era successo.
Pregò il Signore. Gli chiese di perdonarlo e promise che se avesse avuta salva la vita, non avrebbe più cercato di disobbedirgli.
Intanto il pesce si era sempre più avvicinato alla costa, e quando la raggiunse liberò Giona rigettandolo sulla riva.


Giona annuncia la distruzione di Ninive
Allora il Signore disse di nuovo a Giona: “Và a Ninive, la grande città, e avverti i suoi abitanti, con le parole che io là ti suggerirò.”
Questa volta Giona accolse la richiesta di Dio e si mise in viaggio.
Ninive era una città tanto grande che occorrevano tre giorni di cammino per girarla tutta. Giona si mise a percorrere le sue vie, ripetendo a tutti le parole che Dio gli aveva comunicato: “Ancora quaranta giorni e Ninive sarà distrutta per la vostra cattiva condotta!”


La conversione degli abitanti di Ninive
Gli abitanti della città credettero alle parole di Giona. Certo provenivano veramente dal suo Dio, un Dio potente. Anche il loro re li invitava a pentirsi e a fare penitenza. “Ogni uomo preghi con tutto il cuore il Dio di Giona - disse il re - e cambi la sua cattiva condotta. Allora forse egli vedrà che siamo davvero pentiti, e non ci distruggerà.”
Per dare poi l’esempio il re si tolse i suoi abiti lussuosi, si vestì poveramente e si mise a terra, sulla cenere, per fare penitenza.
Allora Dio vide che tutti erano davvero pentiti del male commesso, li perdonò e non distrusse la città.


Giona pensa che la sua fatica sia stata inutile
Giona, invece di rallegrarsi per la salvezza di Ninive, ne fu dispiaciuto. Pensava infatti di essere disprezzato da tutti per aver annunciato una distruzione che poi non era avvenuta.
Se ne lamentò col Signore e disse: “Sapevo che sarebbe andata così, per questo ho cercato di fuggire. Sapevo che tu sei un Dio buono e clemente, pieno di misericordia. Sapevo che non avresti punito questo popolo! Dunque ora la mia vita è inutile. Per me non ha più senso vivere.” Detto questo, Giona usci dalla città e si mise ad aspettare.

Finalmente Giona capisce il cuore del Signore
Il sole era molto forte e bruciava. Così Dio fece crescere una pianta rampicante che dava ombra a Giona ed egli se ne rallegrò. Però il giorno dopo Dio mandò un verme che mangiò le radici della pianta ed essa si seccò. Quando il sole si alzò nel cielo, Giona si sentì svenire e gridò: “Fammi morire, Signore. È meglio per me morire che vivere”.
Dio gli disse: “Tu ti arrabbi per una semplice pianta per la quale non hai fatto nessuna fatica, che in fretta è cresciuta e in fretta è morta. E io non dovrei avere a cuore le vicende di Ninive, dove vivono più di centomila persone?”
Giona allora comprese il cuore del Signore e si rasserenò. Era giusto che Dio mostrasse amore e misericordia per quegli uomini che si erano convertiti al bene.




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